Domanda:
la cultura è fattore di corruzione ?
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2014-01-10 14:10:59 UTC
questa credo fosse già un'idea di pasolini... non trovo il video su youtube ma ricordo di aver visto una sua intervista degli anni 70 con enzo biagi in cui affermava che la cultura, almeno a livello medio-basso, è sempre corruttrice. diceva che si trovava bene soltanto con le persone con un grado di istruzione al di sotto della 5a elementare, e che la scuola dell'obbligo era l'aspetto più evidente di come lo stato democratico fosse in realtà una dittatura. probabilmente diceva queste cose soltanto con spirito provocatorio, e questo faceva parte del suo personaggio anticonformista che non sopportava il dilagare della cultura consumista e sentiva la necessità di dover sempre opporsi a tutto e tutti... però è un'idea che mi ha sempre dato da pensare.
in fondo la cultura, almeno quella della scuola dell'obbligo...ha un qualche carattere di coercizione e violenza. ci viene imposta, non è qualcosa che ci venga liberamente offerta e di cui noi scegliamo di appropriarci. non solo perchè si chiama scuola dell'obbligo ma perchè in maniera più sottile sacralizza il passato a scapito del presente e induce un atteggiamento dogmatico nei confronti del sapere: porta a pensare che se qualcosa è vecchio e si trova ancora su un libro di scuola allora è per forza degno di valore, e invece questo sarebbe tutto da dimostrare.
adesso mi sto dilungando troppo... ma questa idea mi inquieta... non c'è qualcosa che va perso nell'acculturarsi ? la cultura non induce i giovani a parlare la lingua dei vecchi? a valorizzare cose che non gli appartengono, che non potranno mai fare veramente proprie, col solo esito alla fine di mortificare quelle che invece potrebbero essere le loro vere passioni ?
Cinque risposte:
anonymous
2014-01-10 14:50:47 UTC
Cerco di essere breve nel rispondere alla tua domanda.

Secondo il mio punto di vista la cultura è corrotta quando diviene una nozione superflua, quando non esplora e non si rinnova. La vera letteratura non è quella presentata sui libri di testo e basta eppure siamo portati a pensarla così perché il libro di testo è un libro di studio e non si può non studiare opere di grande rilievo; ma se invece studiassimo opere poco rilevanti rispetto ad altre? Chi ci dice che Tasso sia più importante di un autore considerato minore?

E poi, qualcuna delle persone che studiano attraverso i libri di testo ha mai provato a leggere Tasso per conto proprio, a farsi un'opinione? Pochi, pochissimi lo fanno, quasi nessuno. Questo perché se da un lato Tasso è riconosciuto come un grande autore dall'altro il suo essere un grande autore spaventa.

E se non fosse poi così grande? E se leggendolo fosse molto più alla portata di quanto mai immaginassimo?

La corruzione è la povertà dello spirito. Se studi un testo per prendere un buon voto non significa che tu ti sia acculturato, ma solo che hai studiato il testo per il voto. Non ha nulla a che vedere con la cultura.

La cultura è patrimonio di tutti, dall'analfabeta al rettore universitario, solo che i rettori lo dimenticano fossilizzandosi su sproloqui riguardo a questo passo o alla finezza di quest'altro e a volte quando spiegano non riescono a trasmettere la passione per un testo, perché non ne hanno. Vogliono solo mettere in mostra il loro sapere.

E' questo secondo me quello che intendeva dire Pasolini: la cultura non è merce in vendita, non può essere scambiata o esibita come un bel trofeo; la cultura è espressione di un individuo e allo stesso tempo dell'umanità, è patrimonio, è significativa e libera.
nicoladc89
2014-01-10 18:45:46 UTC
Mi trovo d'accordo in generale ma non nel particolare. Il mio disaccordo parte da un sostanziale difetto di forma, ovvero dall'uso sbagliato della parola "cultura". D'altronde Pasolini era uomo di cultura e quindi o siamo davanti ad un difetto di forma oppure siamo davanti ad un paradosso bello e buono.

Il difetto di forma nasce sostanzialmente dal confondere erudizione con cultura. La scuola non è in grado di fornire una cultura, è di fatto impossibile, la scuola ci dà i mezzi per arrivarci, ma la materia prima la si deve mettere personalmente (o il contrario, dipende dai punti di vista). Sotto questo punto di vista puoi trovare possessori di sola licenza elementare più colti di molti laureati.

E qui arriva il punto in cui sono d'accordo con Pasolini.

E' indubbio che la scuola punti a formare persone fatte con lo stampino, in quella che possiamo quasi definire una sorta di dittatura scolastica e ci riesce proprio perché non dà cultura, dà solo nozioni e se non si fa capire ai propri studenti che le nozioni debbono essere analizzate, studiate e sperimentate in prima persona, creiamo solo uomini che sono poco più di libri, tutti uguali come i bambini nel film Pink Floyd The Wall che escono da scuola senza volto ( We don't need no education. We dont need no thought control. No dark sarcasm in the classroom. Teachers leave them kids alone).

Questa però non è cultura, è erudizione. E - sebbene spesso vengano usati come sinomini (e permettemi di poter pensare che siamo quasi davanti ad una neolingua in stile orwelliano) - la differenza c'è. Cultura non è sapere un sacco di cose, la cultura viene con lo studio, l'apprendimento, la riflessione e - soprattutto - l'esperienza anche in un solo campo esclusivo, l'erudizione si ferma ad apprendimento. Da questo punto di vista un panettiere può essere mille volte più colto di un laureato in filosofia.



Ora torniamo al punto in cui mi dissocio. La cultura, ovvero quella cosa che si raggiunge con studio, apprendimento, riflessione e esperienza è l'unica cosa in grado di cancellare le differenze sociali. Non deve per forza venire dall'istruzione, non è detto, ma è normale aspettarsi che l'istruzione debba essere il punto di partenza di questo processo. Un'istruzione diversa da quella attuale, più umana, più in piccola scala, più come un padre che insegna al proprio figlio riuscirebbe a formare uomini colti. Non serve a nulla insegnare un miliardo di nozioni l'anno, bisogna insegnare a pensare, anzi bisogna prendere gli studenti e farli pensare nel modo che ritengono più opportuno, fargli scegliere una particolare materia e lasciare che si concentrino su quella, che la spezzettino finché non la comprendono nel particolare. Una volta capito il meccanismo, le nozioni le trova ovunque, solo che avrà voglia di cercarle e saprà dove trovarle. Questa è cultura e questa cultura, quella vera, è l'unica via possibile per la libertà e l'uguaglianza sociale. Questa cultura non corrompe, esalta.

Quell'altra, quella finta, è senz'altro corruttrice e permettermi di dire che lo è anche nel caso di uno che ha solo la licenza elementare, l'unica differenza è che un laureato finto colto sa più cose di un finto non finto colto.



Concludo con una frase dei Litfiba: Non è la fame, ma l'ignoranza che uccide.
anonymous
2014-01-10 14:54:00 UTC
Una premessa. Non è affatto scontato che tutto quello che viene detto in vita anche da personaggi di rilievo sia sempre da prendere come oro colato, Perfino a gente come Einstein è capitato di dire cose per nulla condivisibili.



Io parto da un presupposto: l'ignoranza fa più male della cattiveria. La conoscenza, di per sè, non è mai deleteria ne fonte di pericolosità ma può esserlo eventualmente l'uso che di essa può esserne fatto, e questa è sempre una scelta soggettiva e non generalizzabile.

Quando Pasolini affermava di trovarsi bene con le persone con cultura elementare non si riferiva al bagaglio di conoscenze che si acquisiscono in un regolare percorso scolastico quanto piuttosto alla "semplicità" di propositi e sentimenti che di solito si abbinano a quanti hanno imparato dalla vita prima che dalla scuola, e che dovrebbe mettere al riparo dall'arroganza dell'acculturato (da notare che ho usato il termine "accolturati" e non "istruito"). E anche questo non è generalizzabile.

Fintanto che esisteranno differenze culturali ci sarà sempre qualcuno che cercherà di sfruttare, a proprio beneficio, i meno preparati. Una conoscenza universale, indipendentemente dal grado di intelligenza, ci porrebbe tutti sullo stesso piano e quindi rappresenterebbe il miglior esempio di vera democrazia.
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2014-01-12 07:11:53 UTC
c'è differenza tra l'aver fatto cosa propria la cultura e tra avere imparato a memoria la cultura ..

anche un bambino può avere la cultura in sé.. ma tutto sta se l'abbia imparata a memoria o se l'abbia assimilata spontaneamente facendola cosa propria e legata alla sua personalità..
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2014-01-11 06:50:25 UTC
Secondo me il pensiero di Pasolini nasce dalla sfiducia nella natura umana di saper utilizzare nel giusto modo la cultura e nella società sempre più consumistica del suo tempo. E' senzaltro un'affermazione provocatoria, lui stesso possedeva una cultura ed un talento invidiabili, ieri come oggi la cultura può essere considerata come un'arma, per poter soggiogare chi non ne ha o per potersi difendere. Inoltre tempo fa la cultura era una discriminante sociale, oggi per chi sceglie di non approfondire le proprie conoscenze è, secondo me, solo indice di pigrizia e disinteresse. La cultura rimane comunque la possibilità più preziosa che abbiamo.


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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