SE ti hanno detto: "l'io narrante deve essere alla terza persona singolare", quindi lei o lui, hai un bel po' di lavoro davanti. Per prima cosa, mi pare che si esprimano assai male, per degli editori. Ma anche per dei manovali. O dei finanzieri.
In breve: nella FORMA, non nella SOSTANZA, usando l'io narrante PERSONALIZZI il racconto, usando la terza persona lo OGGETTIVIZZI.
L'io narrante è proprio di un racconto fatto in prima persona, scritto o orale. Sostanzialmente è il modo principale di scrittura di un'autobiografia, vera (non necessariamente sincera) come Le Confessioni di Jean Jacques Rousseau, o inventata come Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. A meno che tu non sia Giulio Cesare, nel qual caso anche l'autobiografia la scriverai in terza persona :«...in eam spem venerat se sine pugne et sine volnere suorum rem conficere posse [...] Cur denique fortunam periclitaretur? Praesertim cum non minus esset imperatori consilio superare quam gladio. Movebatur etiam misericordia civium». In questo caso consente uno schema espositivo molto piano e lineare, in realtà sarebbe sufficiente seguire la cronologia degli eventi; tuttavia, poiché spesso in tal modo la narrazione risulta noiosa e piatta, si cerca di inserire dei cliffhanger in forma di riferimenti ad avvenimenti futuri ancora da narrare, o trascorsi ma non ancora narrati.
L'io narrante di una storia autobiografica sa tutto della storia che racconta, per cui il problema principale che ha è di portare, nella narrazione, se stesso e il lettore al livello di conoscenza in cui si trovava egli stesso (e/o il protagonista della storia) nel momento in cui avvengono i fatti narrati, in un modo plausibile. Raccontando la storia in prima persona, questo è un lavoro piuttosto delicato. Pensa a quali acrobazie deve fare Conan Doyle, facendo narrare le avventure di Sherlock Holmes da John Watson quale io narrante. E se vuoi sapere se l'ha usato qualche altro scrittore famoso, che ne dici di Charles Dickens con "David Copperfield", un'opera che ha creato il background per quasi tutto il grande periodo ottocentesco del romanzo, dalla Russia all'America. O de "Il nome della rosa" di Umberto Eco? O di "Huckelberry Finn" di Mark Twain?
Se invece ti chiedono di passare dalla prima alla terza persona, cioè come sono perlopiù scritti i romanzi da "Le Tigri di Mompracem" a "Il Signore degli Anelli", qui è ammesso che lo scrittore sappia delle cose che i personaggi non sanno, essendo essi, nella finzione, altro-da-lui. Il lavoro di riorganizzazione però non è necessariamente più facile, anche se meno ingannevole. Devi, in sostanza, riscrivere tutto cambiando il meno possibile. Specie per non stravolgere il tuo scritto. A volte, passando dalla prima alla terza persona, cambia quel qualcosa di indefinibile ma percettibile e fondamentale che potremmo chiamare il "sapore" della storia. Il tuo compito, in questo caso, e di far sì che ciò non succeda (a meno che tu non lo preferisca, ma in tal caso sarà una tua scelta, non un errore forzato). Non c'è un modo per farlo, è affidato alla tua sensibilità.
Buona fortuna!