Io sono stato in Africa, ho vissuto e lavorato li per due anni macinando decine di migliaia di km nella savana, per mettere insieme una fattoria. Ho avuto la malaria, ho tuttora il mal d'Africa; ma ho capito che non è un dolce struggimento come un amore mal corrisposto. Il mal d'Africa, quello vero, è dolore e rabbia, è un male fisico che debilita l'anima come la malaria debilità il corpo. E' un male che consuma e brucia...
Io sono un agronomo. Per un paio di anni mi sono impegnato nella cooperazione allo sviluppo in un paese africano: il Malawi. Corpo, mente e spirito. Mai come nella cooperazione, si realizza una sinergia di qualità e requisiti umani e professionali. Mai come nella cooperazione ai paesi emergenti si realizza un conflitto fra l’ordine morale etico ed emotivo. In Africa la coscienza non dorme mai.
Al termine di questa esperienza straordinaria ed unica, ho messo nella valigia del ritorno molte cose che ho imparato, tante che ho scoperto, altre che credevo di aver dimenticato. Eppure molte delle domande che mi sono posto sono rimaste senza risposta, molte delle affermazioni che ho fatto, non sono state confutate. L’Africa è un interlocutore difficile, ma ho maturato il serio dubbio, che l’attuale approccio cooperativo sia frutto, nonostante le dichiarazioni di intenti, di una visione unilaterale del mondo e del valore della vita, della nostra gamma di valori etici e morali. Della democrazia occidentale. Descrivere questa esperienza è stato un intimo piacere, ed anche un profondo dolore, perché nelle "immagini da cartolina", nelle icone e nei clichè del topos africano, vi è una profondità tridimensionale che è difficile da descrivere e da spiegare, a volte se ne ha perfino paura perché la luce della nostra civiltà in realtà non vi penetra che per una minima parte. Mancano gli strumenti per capire, interpretare alcune risposte anomale che si ottengono lavorando con loro. L’approccio scientifico dato dalla mia formazione culturale, non è stato sufficiente. Mi sarebbe piaciuto essere anche un antropologo, uno psicologo, un sociologo. Mi sarebbe piaciuto essere pure un prete, perché non ci si può esimere dallo scomodare perfino Dio, quando il pragmatismo viene travolto da emozioni che scaturiscono da insospettate fonti pure laiche. Avrei voluto cominciare queste righe scrivendo io sono un uomo ma avrei peccato di presunzione. Questo è il mio capitolo sull’Africa del libro della mia vita; tutte le parole, tutti i sentimenti.
Nella condivisione io confido. Daniele.